Monza e della Brianza

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La storia di Monza inizia intorno al 50 a.C. sulle rive del fiume Lambro con abitanti dediti alla pastorizia e all’agricoltura. Queste attività si sono ridotte notevolmente nel corso dei secoli fino a creare l’attuale sistema Brianza.

La gastronomia è sobria ma molto legata al territorio a partire dal piatto simbolo della tradizione brianzola che è la cazzoeula, un piatto realizzato con costicine, piedini, musini e cotiche, “verzitt” (salamini) con aggiunta di cavoli, carote, sedano e accompagnata da polenta. Un altro piatto è la “Trippa” (o “Buseca”), minestra con interiora di suino, pomodori, carote e sedano. Sempre in tema “El panmoijaa”, una zuppa realizzata con lardo o pancetta tritati e l’aggiunta di cipolla, aglio e prezzemolo, normalmente completata e servita su fette di pane giallo (preparato con farina bianca, farina di granoturco e di segale).

Un altro primo piatto simbolo è il “Risotto con la luganega” (conosciuto anche come “Risotto alla monzese”). Tra i dolci troviamo la “Torta paesana”, un dolce povero preparato con pane raffermo macerato nel latte e arricchito di cacao, pinoli, frutta candita e uvetta. Di recente riscoperta il “Pane di San Gerardo”, un impasto di zucchero, miele, frutta, castagne candite, uva sultanina e mandorle; i “Biscotti di San Gerardo”, dolci secchi preparati senza l’utilizzo di uova.

La denominazione della zona è in condivisione con altre province ed è il Salame Cremona IGP.

Monza e la Brianza non vantano produttori di vino locali ma negli ultimi 15 anni sono sorti molti birrifici artigianali che hanno saputo farsi conoscere a livello nazionale.

La città di Monza ed il suo hinterland sono conosciuti nel mondo per il circuito su cui si corre il Gran Premio di Formula 1, ma artisticamente e architettonicamente offrono veramente un mondo da scoprire. Partendo dalla Basilica di San Giovanni Battista, stupendo esempio di stile gotico, fino ad arrivare alla neoclassica Villa Reale, percorriamo una città che offre momenti di ammirazione ad ogni angolo. Alessio Raja, il nostro ospite per questa provincia, ci accompagna in questa passeggiata fino ad arrivare al monumento ai Caduti in piazza Trento e Trieste. Poco distante ci fa accomodare in un locale dove, all’arrivo dell’aperitivo partono le domande.

Alessio, da 1 a 10 quanto è utile per te incontrarsi a tavola per fare business? e perché?

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Credo che i vasi siano comunicanti. Il vaso del lavoro, quello personale, quello della salute e quello della famiglia. Solo a tavola riesci a relazionarti su tutti i settori. Se entri e ti relazioni in tutti i settori riesci a trovare una buona complicità senza entrare troppo nel personale. Se ti interessi veramente alla persona che hai di fronte, non puoi pensare solo al lato lavorativo, perché non puoi comprendere tutte le sfaccettature della persona. Quindi il cibo è già oltre al vaso del lavoro, ma li comprende tutti.

Credi/ritieni esistano particolari usi, costumi locali nel relazionarsi a tavola? Idem in momenti più “soft” come le pause caffè, gli aperitivi ecc.

Io credo che in Italia abbiamo proprio il culto del cibo e del mangiare bene. Io quando penso alla famiglia vedo una bella tavola tutti insieme con nonni zii e parenti vari. Le grigliate a casa mia sono note, per il numero di bambini presenti. Se penso al lavoro, uno dei miei primi obiettivi è portare il cliente a mangiare fuori o semplicemente bere una birra, se poi la relazione aumenta allora scatta la grigliata. A Monza é uso fare la cassouela e mia moglie è bravissima a cucinarlo. Oppure ci sono diverse osterie antiche che preparano il risotto con la luganega o meno conosciuto il risotto con l’osso buco, buonissime entrambe. Tuttavia l’aperitivo rimane per l’ambito lavorativo quello più usato.

Se dovessi descrivere la tua città dove vivi tramite il piatto tipico, quale indicheresti? Anche più di uno.

Sicuramente il risotto con l’osso buco. Specifico della Brianza che si distingue e si vuole distinguere da Milano. Piatto completo, da un primo e da un secondo. Un tempo piatto dei poveri perché appunto si usavano le ossa che non venivano utilizzate (gli ossi buchi), ma in realtà molto nutriente. Come i monzesi chiusi e poveri nelle relazioni, ma disponibili e ricchi nell’impegno sul lavoro.

Se dovessi descrivere la città dove vivi tramite la bevanda tipica (alcolica o analcolica), quale indicheresti? Anche più di una.

Anche se a me piace il vino e a monte vecchia ci sono delle ottime cantine, non ci sono delle bevande tipiche.

Puoi descrivere un rito o un’abitudine relativi alla tavola tipici della tua città?

Il panettone di San Biagio. Ogni anno a Natale si apre un panettone, si mangia solo una fetta e poi si richiude. A San Biagio il 3 Febbraio si riapre per mangiarne un pezzettino a testa. La tradizione vuole che il panettone mangiato il giorno di San Biagio protegga la gola dai freddi dell’inverno.

Hai una ricetta di famiglia, qualcosa che identifica le tue origini e che condivideresti?

Le versioni per l’origine di questo piatto sono due: la prima narra che il piatto fosse cucinato per la celebrazione del culto popolare di Sant’Antonio abate, il 17 gennaio. Questa data segnava la fine della macellazione dei maiali ed in questo periodo appunto le famiglie contadine avevano a loro disposizione numerosi e diversi tagli di maiale. Un’altra leggenda narra invece che un ufficiale dell’esercito spagnolo, innamoratosi di una donna milanese che lavorava come cuoca per un’importante nobile famiglia, le abbia insegnato a cucinare questa ricetta riscuotendo successo presso i suoi padroni per la bontà del piatto. Sembra poi che la cassoeula fosse una delle ricette preferite dal direttore d’orchestra Arturo Toscanini. Ecco la preziosa ricetta

INGREDIENTI (per 4 persone)

1/2 kg di costine di maiale magre 200 gr di “verzini” (salamini) 1 zampetto di maiale o musetto(facoltativo) cotiche di maiale fresche 1 grosso cavolo “mondato” a foglie 2 carote 1 canna di sedano 3 cipolline 20 gr di burro 5 foglie salvia un bicchiere di vino bianco 1 pomodoro pelato sale e pepe

PREPARAZIONE

Fiammeggiare le cotenne e il piedino di maiale e “spaccarlo in 4″ Tagliare le cotiche in grossi pezzi. Lavare bene il tutto. Affettare le cipolline il sedano e le carote. Soffriggere la cipolla nel burro e far rosolare il piedino e le cotiche, bagnare con il vino bianco e cuocere a fiamma moderata per circa 45 minuti. Aggiungere le costine, sedano, carote e salvia. Dopo mezz’ora di cottura unire le foglie di cavolo pulite dopo aver tolto la nervatura centrale. Per prime andranno aggiunte le parti di foglia più verdi e poi le altre. Aggiungere un pomodoro pelato e i verzini precedentemente sgrassati in acqua bollente. Cuocere per un’altra mezzora a fuoco moderato mescolando spesso senza rompere le verze. Servire bollente con contorno di polenta.

Concludiamo con un tuo aneddoto, ricordi un momento in cui hai fatto delle scelte a tavola che ti hanno permesso di raggiungere gli obiettivi oppure al contrario, che ti hanno precluso questa possibilità? Puoi descriverle?

All’apertura della mia società nel 2004 ho invitato tutti i miei conoscenti sia lavorativi che non ad una mega grigliata da cui si sono sviluppate anche relazioni tra i miei amici e i miei clienti, oggi ancora ricordiamo con i miei clienti quel giorno, aspettando di organizzarne un altro.

Grazie Alessio per il tempo che ci hai dedicato, speriamo di reincontrarti presto.

Di seguito alcuni collegamenti utili per approfondire la conoscenza di Monza

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